Trend no-alcol. Il dibattito ha preso vita durante l’ultima edizione del Vinitaly (tenutasi a Verona dal 14 al 17 aprile), il più grande e coinvolgente evento italiano sul mondo del vino, dove produttori, appassionati e rappresentanti istituzionali si incontrano in un’arena imponente per discutere lo stato attuale e le prospettive future del settore vinicolo.
Il trend no alcol all’estero: dati e domanda in crescita
Da un po’ si parla del fenomeno no-alcol, soprattutto all’estero, come in Spagna, dove i vini a basso o nullo contenuto alcolico sono soggetti a una chiara regolamentazione e dove, interessante notare, la domanda è in crescita. Secondo l’Osservatorio Federvini gestito da Nomisma e TradeLab nel 2024 il mercato USA prevede una crescita dei volumi di vino dealcolato (+16%) e dei valori dei consumi al di fuori dei bar o ristoranti (+52%). Rispetto al 2022, i vini no alcol stanno crescendo anche in Germania (+6% in volume e +17% in valore), con lo spumante dealcolato che raggiunge i 60 milioni di euro di vendite.
La situazione in Italia
In Italia, invece, si naviga ancora in un vuoto normativo. Non ci sono infatti regole ben definite né consenso sulla produzione. Questa è stata la molla della controversia tra gli addetti ai lavori e il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Lollobrigida, che in un’intervista al Gambero Rosso ha dichiarato che, pur rispettando le norme europee che consentono questo prodotto, non promuoverà attivamente la sua diffusione.
Ma cosa intendiamo esattamente per vini dealcolati?
Il vino dealcolato o, meglio, “dealcolizzato”, come stabilito dalla Direttiva Europea 2021/2117, contiene un massimo dello 0,5% vol. di alcol, mentre il vino “parzialmente dealcolato” ha un contenuto alcolico tra lo 0,5% e il 9%. Per ottenere questo risultato si deve ridurre notevolmente o eliminare completamente l’etanolo, come anche l’Organizzazione internazionale della vite e del vino (OIV) specifica, definendo dealcolizzato un vino che ha perso più del 20% del suo alcool originale.
Come nasce un vino dealcolato
Se è possibile rendere tutti i vini parzialmente non alcolici, i vini liquorosi, i passiti e gli spumanti gassificati, oltre ai DOC, DOCG e IGP, sono esclusi dalla completa dealcolizzazione.
Il processo si può attuare attraverso tre metodi, da soli o combinati (per approfondimenti tecnici più dettagliati, ci sono utili spiegazioni e illustrazioni su winetaste):
- Distillazione a 30 gradi, dove prima si rimuovono i composti volatili e poi l’alcol.
- Tecniche di membrana (osmosi inversa), in cui l’alcol viene estratto tramite filtrazione a pressione alta attraverso membrane sottilissime che catturano anche composti aromatici e fenolici. Questo metodo richiede l’aggiunta successiva di acqua per ridurre ulteriormente la gradazione alcolica.
- Evaporazione sottovuoto a 20 gradi, che permette di eliminare parzialmente l’alcol senza perdere acqua, evitando così di dover “diluire” il prodotto finale.
Ma si può considerare ancora vino un prodotto dealcolato?
In Italia, come dicevamo, la produzione è vietata ma non la vendita. Gli esperti hanno già condotto degustazioni specifiche per definirne le caratteristiche organolettiche e, secondariamente, per valutare il mercato che questa “bevanda”, forse è meglio chiamarla così, potrebbe avere in futuro (ricordiamo la prima degustazione verticale organizzata dal Gambero Rosso qui). La curiosità e la propensione al “bere alternativo” d’altronde sono già diffuse da tempo. Pensiamo al trend del cocktail pairing, già popolare da anni, o alla moda diffusa delle bevande fermentate salutari, come la kombucha.
Margini di mercato e opinioni scientifiche
Di sicuro, l’avvento dei vini dealcolati rappresenta la più significativa rivoluzione nel settore enologico e apre inedite prospettive di mercato , specialmente per quei consumatori attenti alla salute e al benessere, come i salutisti, gli astemi, e coloro che per motivi medici o dietetici devono evitare l’alcol. Anche la Fondazione Umberto Veronesi, tra le più influenti nel campo della ricerca oncologica, ha esplorato la questione qui, considerandola come una prospettiva da studiare in tutti i pro e i contro, inclusi l’uso di additivi artificiali necessari per correggere il sapore “artificiale”, che non è paragonabile a quello del prodotto originale. Questa tendenza, come detto già affermata in paesi come Germania e Stati Uniti, evidenzia comunque una crescita significativa che l’Italia, con il suo vuoto normativo, rischia di cogliere con ritardo rispetto agli altri paesi già strutturati sul tema.
Marketing e possibili strategie di comunicazione
Dal punto di vista del marketing, l’introduzione di vini dealcolati nel mercato italiano richiede una strategia ben delineata per educare i consumatori sui benefici e le peculiarità di questi prodotti. Sarà fondamentale sviluppare campagne informative e di branding che sottolineino la qualità, le tecniche di produzione innovative e gli aspetti salutistici di questa nuova frontiera del bere. Inoltre, eventi di degustazione e collaborazioni con influencer di settore possono contribuire a generare curiosità e ad abbattere lo scetticismo ancora presente tra gli operatori e i consumatori.
Implicazioni sul marketing e sul mercato di riferimento
La comunicazione dovrà inoltre affrontare le sfide culturali legate alla percezione del vino come prodotto tradizionale, promuovendo un dialogo tra tradizione e innovazione. L’accento su una produzione sostenibile, che minimizzi l’impronta carbonica, potrebbe ulteriormente ampliare l’appeal dei vini dealcolati, rispondendo alla crescente domanda di prodotti ecologicamente responsabili.
Conclusione
Il dibattito insomma è diviso tra chi vede enormi potenzialità di business, marketing e persino culturali nella nuova tendenza, e chi pone limiti, soprattutto riguardo alle qualità che definiscono un vino, principalmente quelle organolettiche.L’opportunità di espandere il mercato del vino attraverso prodotti dealcolati è enorme, ma richiede una visione strategica che integri innovazione, sostenibilità e una forte comunicazione di marketing. Le aziende italiane devono essere messe in condizione di cogliere questa sfida, trasformando potenziali ostacoli in vantaggi competitivi, e garantendo così un futuro prospero per il vino Made in Italy. L’accordo tra tutti gli attori coinvolti comunque pare imminente. Come si suol dire, vedremo.
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