Gli allevamenti intensivi sono tema di accesi dibattiti per le loro massicce emissioni di CO2. L’ultimo a infiammare la discussione è stato il documentario indipendente “Food for profit” di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi, trasmesso su Report, Rai Tre, la sera del 5 maggio e già apparso al cinema a fine febbraio. Senza addentrarsi troppo nei dettagli dell’inchiesta che esplora i legami oscuri tra l’industria della carne, le lobby e la politica, è chiaro che ignorare la situazione non è più un’opzione plausibile. Che ci piaccia o no, l’impatto delle scelte alimentari ci tocca tutti, da quello che compriamo al supermercato al ristorante dove andiamo a mangiare.
Le proteine alternative sono uno degli aspetti più controversi del dibattito, e non è una novità. I guru della tecnologia alimentare infatti da anni stanno portando avanti ricerche e esperimenti che fino a poco tempo fa sembravano fantascienza. Ed eccoci alla carne coltivata, una soluzione pensata per ridurre il consumo di quella animale e promuovere uno stile di vita più etico e sostenibile, senza rinunciare alla nostra amata bistecca.
Implicazioni di Marketing e Dinamiche di Mercato per la Carne Coltivata
L’introduzione della carne coltivata rappresenta una rivoluzione nel settore alimentare, con implicazioni profonde sia per il marketing che per il mercato di riferimento. L’articolo presenta un’analisi esaustiva delle opportunità e delle sfide associate a questa innovazione, ma è fondamentale comprendere come queste dinamiche influenzeranno il modo in cui i prodotti a base di carne coltivata verranno posizionati e percepiti dai consumatori.
Ma di cosa stiamo parlando quando diciamo “carne coltivata”?
Si tratta di un prodotto ottenuto da cellule staminali prelevate tramite biopsia dagli animali (al momento bovini, suini, tacchini, polli, anatre e pesci), che vengono alimentate in bioreattori, dispositivi progettati per la fermentazione – tipo quelli usati per la birra – che simulano un ambiente ideale per la crescita, con nutrienti simili a quelli usati negli allevamenti. In particolare, si usa il siero fetale bovino, ottenuto dal sangue di feti di bovina durante la macellazione, aspetto che chiaramente non si allinea con le diete vegetariane o vegane. Si parla di “carne in vitro” o carne pulita, che ha costi di produzione elevati perché sviluppata in laboratorio e non con metodi tradizionali, e perché ancora in piena fase di sperimentazione.
Questa carne è stata etichettata anche come “sintetica” perché deriva da un processo di agricoltura cellulare in laboratorio (anche la Fondazione Veronesi ne ha parlato in un documento del 2019 qui). Tuttavia, non è corretto sovrapporre completamente le due definizioni, poiché la carne coltivata deriva da cellule animali reali, naturali almeno nella loro fase iniziale.
Rapporto costi/benefici e sicurezza per la salute. I pareri degli esperti
Non mancano studi scientifici a riguardo, come quelli citati da Focus qui, o considerazioni come quelle dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri qui, che parlano di vantaggi (eliminazione della macellazione degli animali, riduzione significativa dell’impatto ambientale, assenza di batteri nocivi, allergeni, antibiotici, ormoni della crescita grazie ai controlli in laboratorio, mancanza di coloranti artificiali o additivi, possibilità di personalizzare il tipo di grasso e la sua quantità) e svantaggi (utilizzo alternativo dei pascoli, perdita di posti di lavoro nel settore dell’allevamento, costi elevati, dilemmi etici per le comunità religiose con restrizioni alimentari, incertezze sulla sicurezza a lungo termine per i consumatori).
Posizionamento di Mercato e Targeting
Il posizionamento di prodotti a base di carne coltivata inoltre sarà un aspetto cruciale. Dato l’attuale interesse crescente per la sostenibilità e l’etica nel consumo alimentare, il marketing dovrà enfatizzare i benefici ambientali e salutistici della carne coltivata.
La narrazione dovrebbe puntare appunto su questi punti, la riduzione dell’impatto ambientale, l’eliminazione della macellazione e la sicurezza alimentare, sottolineando l’assenza di antibiotici e ormoni della crescita.
Il target primario iniziale saranno i consumatori più attenti alla sostenibilità, inclini a sperimentare nuove tecnologie alimentari e con una maggiore disponibilità a pagare per prodotti innovativi. Questo segmento include Millennials e Gen Z, noti per la loro consapevolezza ambientale e apertura verso alternative alimentari. Tuttavia, una strategia di lungo termine dovrà includere educazione e sensibilizzazione per attrarre un pubblico più ampio
I costi
Tornando alle informazioni pubblicate su Focus, il primo hamburger di carne sintetica presentato a una conferenza stampa a Londra nel 2013 è costato 330.000 sterline (circa 375.000 euro). Tuttavia, in dieci anni i prezzi sono calati e si prevede che diventeranno ancora più accessibili.
A marzo 2021, il Good Food Institute (GFI) qui ha stimato che superando alcuni ostacoli tecnici ed economici, il prezzo di produzione della carne sintetica potrebbe ridursi di 4000 volte in pochi anni, passando dai 10.000 dollari (circa 9.200 euro) per meno di mezzo chilo a 2,50 dollari (2,30 euro) per la stessa quantità entro il 2030.
Comunicazione e Educazione del Consumatore
Nonostante le previsioni di un calo dei prezzi, si tratta comunque di un prodotto la cui comunicazione al consumatore presenta diverse criticità, relative in primis alle preoccupazioni e alle percezioni errate in merito. È necessario che gli operatori adottino quindi un approccio trasparente e informativo, che spieghi il processo di produzione e rassicuri sulla sicurezza e qualità del prodotto. Campagne di educazione del consumatore saranno fondamentali per demistificare il concetto di “carne sintetica” e posizionarla come una scelta non solo etica, ma anche deliziosa e nutriente.
Partnership e Collaborazioni
Le collaborazioni con ristoranti, chef di alto profilo e influencer del settore alimentare possono aiutare a normalizzare l’idea di carne coltivata, rendendola più attraente e accessibile. Queste partnership possono generare contenuti accattivanti e funzionali che mostrano come la carne coltivata può essere integrata nelle diete quotidiane esattamente come accadeva per quella animale, rendendo la transizione meno intimidatoria per i consumatori più tradizionalisti.
Carne coltivata: Italia vs Unione Europea
In Italia, il governo si è espresso con un disegno di legge promosso dal ministro Lollobrigida nel marzo 2023 che vietava la produzione e la vendita, bloccando circa 300 progetti in corso. In più, a giugno, Coldiretti e Slow Food hanno firmato un’alleanza contro il cibo sintetico.
Tuttavia, a febbraio di quest’anno, l’UE ha richiamato l’Italia all’ordine per la violazione del diritto europeo, giudicando il disegno di legge “non proporzionale e ingiustificato” e non conforme agli altri Stati Membri perché non era stato presentato in anticipo alla Commissione come previsto dall’articolo 6 della direttiva UE 2015/1535. Come sottolineato da Essere Animali qui, una volta approvata la vendita in Europa, l’Italia non potrà vietare l’importazione e la vendita di carne coltivata.
Sfide Regolatorie e di Percezione
Le regolamentazioni e le percezioni culturali saranno quindi altre sfide significative. Come appena evidenziato, la legislazione italiana (ma non solo: di recente anche Alabama e in Florida hanno seguito la medesima linea) attualmente vieta la produzione e vendita di carne coltivata. Le strategie di marketing dovranno quindi adattarsi alle diverse normative regionali e lavorare per influenzare positivamente le politiche attraverso advocacy e dimostrazioni dei benefici della carne coltivata.
In conclusione, il marketing dovrà sviluppare strategie innovative e mirate per posizionare la carne coltivata come una soluzione alimentare moderna, sostenibile e sicura. Il successo dipenderà dalla capacità di educare i consumatori, formare alleanze strategiche e navigare abilmente tra le sfide regolatorie e di percezione culturale.